Il romanzo di Sergio Sarti ricostruisce due giornate della vita del protagonista Igor.
La prima è ambientata nel 1947, alla vigilia della sua deposizione al processo per la strage di malga Martis.
La seconda giornata, ambientata nel 1945, è il racconto della spedizione gappista contro la ventina di partigiani verdi che presidiano la malga.

In tutti e due i casi, le notti passate da Igor sono pervase da dubbi, debolezze e ripensamenti. Essere sinceri con se stessi fino in fondo, come vuole don Guido, o seguire le direttive del partito, come lo spinge a fare Fred? Da questo dilemma operativo discendono riflessioni sulla coscienza e la sincerità, si fanno avanti impellenti e non procrastinabili opzioni etiche fondamentali, si pongono dubbi di portata filosofica in cui l’uomo viene chiamato a riflettere su ciò che lui stesso è essenzialmente. Sono il peso e la portata dell’esistenza che vengono posti radicalmente in questione. Ciò avviene sullo sfondo di uno scenario in cui gli attori hanno nomi diversi da quelli della vicenda reale, ma i luoghi e i tempi sono invece proprio quelli. Sarti, il partigiano osovano “Gino”, offre la sua trasposizione dell’evento più noto e sanguinoso della Resistenza friulana.

Aldilà di affinità, omologie o somiglianze tra i fatti del romanzo e quelli della storia, ciò che pare possa interessare proprio agli storici, fra i contenuti del romanzo, sono senz’altro la questione della datazione della strage (7 o 8 febbraio) e quella della consistenza del manipolo gappista aggressore.